“Togliti quel c*** di cravatta per uscire stasera a cena con noi.” Non sono le parole esatte, sia perché mi vennero dette in inglese, sia perché ancora di più delle parole contava il tono irritato e imperioso con cui furono dette, dal responsabile di un gruppo di lavoro di una grande associazione internazionale che aveva organizzato un seminario a Roma.
In quel momento capii anche il perché di certi sguardi infastiditi lungo la giornata: ero vestito nel modo “sbagliato” e a un americano (nel senso di statunitense) questo dà molto fastidio. Tolleranza e flessibilità zero – più comodo usare il dress code che il buonsenso e la cortesia.
Era capitato anche a un mio vicino di casa, che era andato negli USA per lavoro con un collega: dovendo rimanerci solo un paio di giorni o anche meno avevano solo l’abito a giacca (e cravatta) indossato in viaggio. In quella ditta ci si doveva vestire business casual e loro erano troppo formali. Ma almeno loro erano a New York: a me è successo a Roma e quell’americano non si rendeva conto che stava insegnando a un italiano come dovesse vestirsi in Italia. Uno dei guai del mondo d’oggi è che tanti americani, anche a livelli professionali medio-alti, ritengono che il loro stile di vita sia – debba essere! – universale.
[…] e le persone con cui dovevo interagire. Anzi, in qualche caso (come quello che racconto qui: https://deiporcellinonsibuttaniente.wordpress.com/2014/01/23/cosi-mi-ha-detto-via-quella-cravatta/) sono stato considerato “overdressed” rispetto alle attese di certi gruppi di […]